Un’adesione di oltre l’80% nei due terminal del porto di Genova dove il sindacato di base Usb ha i suoi delegati e un blocco al varco di Ponte Etiopia, dalle prime luci dell’alba di questa mattina, ha contestato ancora una volta il ripetuto transito di armamenti dal Porto di Genova. “A muoverci in questa lotta, oggi più che mai – spiega Josè Nivoi – sono le responsabilità etiche che ci sentiamo nel contribuire a escalation militari, ma anche questioni relative alla sicurezza di un porto commerciale e turistico, a pochi metri dal centro abitato, che non può trasformarsi in un hub della logistica militare”. In passato, quando anche la Cgil aveva sollevato il problema, era stato stabilito che dal porto non si sarebbero più caricati armamenti, ma resta il problema di carri armati e sistemi missilistici che dal porto di Genova transitano: “Quella a cui assistiamo è anche un’aperta violazione della legge 185 del 1990 – sottolinea la storica pacifista genovese Norma Bertullacelli – frutto anche dell’impegno del movimento antimilitarista, pacifista e nonviolento di questa città, che vieta l’esportazione e il transito di armi verso scenari di guerra”. Mentre la politica, a livello locale e nazionale, sembra girarsi dall’altra parte sulla questione, a chiedere all’Autorità Portuale una puntuale verifica delle destinazioni dei carichi d’armi dai terminal genovesi sarà l’arcivescovo di Genova Marco Tasca, assieme al Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali, l’Agesci e diverse altre sigle del mondo pacifista e nonviolento, che a questo scopo, sabato alle 15, hanno indetto un corteo cittadino dalla cattedrale di San Lorenzo a Palazzo San Giorgio.

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